Napoli, fa caldo, caldissimo. Fuori da un basso, un bambino a piedi nudi gioca con un cane. Il pitbull ha quattro anni e non ha resistito al primo combattimento, “la prova” per testare l’aggressività dell’animale. Alle spalle della casa, nell’androne di un palazzo che è più simile a un vicolo abbandonato, ci sono i cani. Vi si accede attraverso un buco in una parete. Perfino l’altarino di un santo è occupato da un cane, rinchiuso tra le sbarre di un recinto sacro. Intorno a me non c’è ricchezza, di nessun tipo. Addentrandomi in questo mondo parallelo e buio e sconosciuto, emergono delle scene di crudeltà e violenza che convivono senza contraddizione o scandalo con immagini di quotidianità e bellezza. Sintesi perfetta è il tatuaggio di uno dei protagonisti di questa storia: il coltello e la farfalla. I contrasti non stupiscono Napoli, che anzi li guarda da sempre senza scomporsi, città per eccellenza in cui antico e moderno, dentro e fuori, sacro e profano, come anche immaginario popolare e cultura alta, legale e illecito, tradizioni antichissime e vita spicciola, rimangono in opposizione ma coesistono. I padroni dei cani li allenano per ore, appesi coi denti a un copertone d’auto o issati con grosse corde tirate su dai tetti o dai terrazzi. In un angolo nascosto da occhi indiscreti, Demon, un pitbull di razza red nose, corre su un tapis-roulant che si muove grazie al motore di una lavatrice. Ma i cani sono anche i compagni di gioco dei ragazzini che emulano il gioco orrifico dei grandi. Sono parte della famiglia e, in quanto membri, sono amato e maltrattato. L’uomo è il cane. I maschi servono a combattere, le femmine si tengono, invece, per la riproduzione. Una di loro, con lo sguardo sottomesso, stringe il suo piccolissimo cucciolo. La rabbia che nasce dalla pressione di un’esistenza quotidiana vissuta ai margini della legalità e al contempo l’affannosa ricerca di status symbol fanno sì che gli uomini trovino sfogo ad istinti bestiali e si accaniscano con i più deboli. L’aggressività esplode con violenza contro i propri simili. Uomini e cani vivono nella paura, talvolta perfino le punizioni si somigliano. La galera del cane diventa la gabbia dello zoo comunale, prestata al Tribunale di Napoli. In attesa di giudizio.