IL SANGUE DELLA MADONNA

Ogni anno il giorno di Pasquetta, centocinquantamila persone provenienti da tutta la Campania si precipitano a rendere omaggio a questa madonna dal volto ferito, che ha sanguinato prima di tutte le altre. Ed è proprio la ferita, simbolo di un dolore antico, all’origine di questo culto. Si racconta che il lunedì in Albis del millecinquecento, un giocatore di palla a maglio, un antenato del baseball, furibondo per aver perso la partita, colpì con la palla di legno il volto della Vergine affrescato sotto l’arco di un acquedotto romano. L’immagine si mise a sanguinare miracolosamente e l’uomo, colto da una frenesia inarrestabile, cominciò a correre e a saltellare come un posseduto. Diventando così il primo dei fujenti. Che da allora alla sacra icona chiedono grazie e soprattutto consolazione. È un rito terapeutico che cura le ferite di un quarto stato senza sol dell’avvenire. Di un’umanità interinale, fatta di disoccupati, cassintegrati, sottoproletari, immigrati. Vite in croce che le splendide foto di Mario Spada restituiscono in tutta la loro violenza coreografica. Da sacra rappresentazione di periferia. Dove gesti antichi di autoumiliazione riemergono dalle profondità di una storia dimenticata. Sono i penitenti di Gomorra.
dall’articolo “La Madonna dei “fujienti”. Quando Gomorra cerca redenzione” di Marino Niola per R2, inserto de LaRepubblica.